venerdì 3 maggio 2013

Gregorio



Gregorio era un persona gentile. Era un uomo minuto, molto magro e con una gran zazzera di capelli in testa. Aveva occhiali con una montatura leggera appoggiati sul naso e gli piaceva sistemarseli spingendoli indietro con un dito, come aveva visto fare ad un attore a teatro. Gregorio era una persona tranquilla. A lavoro nessuno si era mai lamentato di lui, anche se era un periodo di crisi e gli animi si scaldavano facilmente. Sfoderava un gran sorriso o scuoteva piano la testa, cosa che a volte faceva arrabbiare ancor di più chi gli stava davanti.
Gregorio a casa aveva una famiglia. La moglie di Gregorio da ragazza era stata così allegra da spingerlo in avventure sempre costanti. Con lei non si annoiava mai. Per questo Gregorio l'aveva sposata. Dopo il matrimonio lei aveva preso 25 chili e perso la sua giovialità. Urlava contro il marito per un qualsiasi nonnulla. E i piatti nel lavello, e le ferie con la madre di lei, e la scuola del piccolo. Ma Gregorio era un persona tranquilla e si lasciava scivolare tutte le grida, come se spolverando i vecchi jeans togliesse non solo la povere ma anche tutte le cattiverie.
Gregorio aveva un figlio. Da otto anni girava un nanetto urlante per casa. Gregorio si sentiva un po' a disagio, perché riteneva fosse colpa sua se la naturale mitezza che si portava dietro non fosse passata al figlio. La madre, leonessa con un unico cucciolo, assecondava il bambino in tutte le sue attività. Anche in quelle meno ortodosse, quali infastidire le rane nel corso che correva dietro casa loro. "Curiosità" la chiamava lei. E soprassedeva su tutte le lamentele da parte degli altri genitori che definivano il loro unico figlioletto un teppistello. "Esuberanza giovanile" la chiamava lei. Gregorio era una persona gentile e andava sempre alle riunioni di classe per sentirsi puntualmente rimbrottare da genitori e insegnanti. Vecchie decadenti che attentavano alle sue povere orecchie.
Gregorio ogni mattina saliva tranquillamente sulla sua Clio e accompagnava la moglie a lavoro e il figlioletto a scuola. Ogni giorno. In mezzo al traffico. Dieci km per arrivare allo studio della moglie, fermarsi, altri due km per lasciare il figlio nel cortile della scuola, ripartire, altri tre km per l'ufficio. In mezzo alle urla della moglie per cose come l'acquisto di un lettore dvd di cui non si sentiva davvero bisogno. O tra i bang, crash, zump lanciati a diecimila decibel da un figlio in versione poliziotto spaziale. Quindici km in totale e un'ora e mezza di tempo. E al ritorno la stessa cosa. Tre km per arrivare dal gruppo di zainetti impazziti, due km per far salire la moglie e dieci km fino a casa. E un'ora e mezza di tempo. Ma a Gregorio non importava.
Quel giorno erano arrivati al tredicesimo km. Un motorino tagliò la strada alla piccola Clio di Gregorio, sbattendole contro e andando a finire per terra. La moglie di Gregorio gli urlò nelle orecchie, approfittando del fatto per rimarcare quella che per lei era la disattenzione di lui in qualunque cosa facesse. Il figlio, seduto sul sedile posteriore, cominciò a ridere in tono acuto e maniacale.
" A deficiente! Ma gli occhiali ce l'hai pe' sport?" apostrofò il giovane con il casco.
Molto tranquillamente Gregorio girò la chiave, spegnendo il motore. Aprì la sua portiera e quella dove stava seduto suo figlio, vestito per una festa in maschera da giocatore dei New York Yankees, la famosa squadra americana di baseball. Con fare gentile gli sfilò dalle piccole mani la mazza da baseball e sempre molto gentilmente colpì il ragazzo a terra sulle mani. La prima volta. La seconda mazzata andò a spaccare il casco, dimostrando quanto fosse importante comprare sempre prodotti omologati. La terza, macchiò di rosso e di brandelli di capelli il legno lucido. Con fare molto tranquillo posò la mazza sporca tra le braccia del figlio, chiuse la portiera e riavviò il motore. Con un dito spinse indietro gli occhiali che erano finiti sulla punta del naso.
E finalmente, Gregorio, poté godersi un po' di silenzio.