sabato 29 gennaio 2011

Sabbia e Segreti

UOMO

Entro nella stanza. Buio. Apro lo spioncino della lanterna schermabile e un fascio di luce si propaga rivelando una stanza sporca, polverosa e umida. Un pezzo di stoffa entra nel cono di luce per poi scomparire subito.

-Chiudi la lampada.

Una voce gracchiante, come artigli sulla pietra. Vengo scosso da un brivido. Obbedìsco a quella voce che non ammette repliche e chiudo lo sportelletto in metallo. Ora la luce soffusa fatica a penetrare il muro delle tenebre, lasciandomi quasi cieco. Cerco di percepire la presenza nella camera con gli altri sensi ma non ci riesco. Non sapendo cosa fare, nervoso, sposto il peso da un piede all'altro.

-Siediti.

Di nuovo la voce gracchiante. Ancora indeciso rimango immobile.

-Davanti a te c'è una sedia.

Allungo una mano ma non trovo niente, allora faccio pochi passi. Entro in contatto con qualcosa di duro, sposto la sedia e mi siedo al tavolino, a disagio. Improvvisamente un soffio di vento, una brezza leggera spegne la lanterna e, praticamente nello stesso momento, una candela si accende sul tavolino. Chiudo gli occhi accecato dalla luce improvvisa e in quel momento di buio una fragranza a me sconosciuta mi pizzica il naso. Stordito, lascio che i miei occhi si abituino alla luce. Dalla parte opposta del tavolino vedo una sagoma, anch'essa seduta. Per quanto sforzi la mia vista non riesco a distinguere nulla più che un'ombra.
Passiamo alcuni minuti in un imbarazzante silenzio, almeno da parte mia. Quello deve essere l'uomo che mi hanno raccomandato, l'assassino. Non so come sia arrivato fino a questo punto ma, a questo punto non si torna indietro. Comincio a spazientirmi, mi sto per alzare quando mi raggiunge la voce dell'assassino.

-Chi è l'obiettivo?

Ho le mani sudate, non pensavo sarei arrivato a tanto.

-Grendel il Mercante.

Faccio un respiro profondo.

-Vuoi che lo faccia in qualche modo particolare? Che riceva qualche messaggio prima di morire? Che sembri un incidente?

Scuoto la testa. Probabilmente non mi può vedere... anche se non ne son sicuro.

-N-no. Niente di particolare. C-cioè se sembrasse un incidente sarebbe meglio.

Non riesco a smettere di esitare.

-Sai qual'è il compenso?

-S-si, ecco qui. Pagamento anticipato.

Detto questo, tiro fuori il sacchetto con le monete d'argento, i risparmi di una vita, e lo poggio sul tavolo. Una mano entra nel cono di luce e veloce con mano arcigna fa sparire l'onorario.
Rimango con le mani intrecciate, aspettando di essere congedato. Una vampata parte dalla colonnina di cera al centro del tavolino, abbagliandomi. Istintivamente proteggo il viso con le mani; quando le scanso è di nuovo buio. Aspetto qualche attimo poi accendo nuovamente la lanterna. Sono da solo nella stanza, dell'altro uomo non c'è traccia. Lentamente mi alzo e mi avvio verso l'uscita con la mente piena di dubbi.

RUBINO

L'aria della notte mi accarezza la pelle penetrando nei polmoni, dandomi una sensazione di sollievo dopo il soffocante incenso della stanza. Sento il rigonfiamento del sacchetto pieno di monete spingere contro il mio petto all'altezza del cuore. Una sagoma, che altri non può essere che Smeraldo, mi aspetta poggiata con la schiena ad un caminetto. Si alza il vento proveniente dal mare, nubi cariche di pioggia si spostano sopra la città. Mi fermo davanti a lei con il vento che fa oscillare i drappi del mio cappuccio. Le lancio il sacchetto che lei afferra al volo. Dopo averlo osservato per qualche istante, come a studiarlo, me lo lancia indietro.

-Te li devi ancora guadagnare, ma d'ora in poi i soldi dei tuoi incarichi saranno solo tuoi... Rubino.

Le mie dita si stringono intorno al sacchetto, rapaci, mentre il mio cuore manca un colpo. Rubino. Perfino io capisco che questo nome non viene dato a tutti. Rubino. E così sia!


TO BE CONTINUED...?

Sabbia e Sudore

… L'ho trovato! Si è infilato in un magazzino di Cantus, a detta delle mie fonti, vuoto. E' passato quasi un anno da quando ho lasciato il porto di Amoq, Baker, Sim, quella che consideravo la mia casa, per cominciare le mie ricerche. Per andare dietro a lui. Lo avevo quasi beccato a Tulimport. Se solo la pioggia non avesse coperto le tracce in quei vicoli bui. Per non parlare della volta sui canali di Emmath. Se l'era cavata solo grazie al passaggio di quella chiatta. Indubbiamente aveva del fegato: buttarsi da un'altezza di trenta metri e atterrare sul telone di una barca non è da tutti. Ma ora è qui e non voglio lasciarlo scappare.

Qualcuno mi serra la bocca impedendomi di muovere la testa. La mia mano corre veloce alla cintura quando il freddo contatto di un coltello sulla pelle del mio collo mi invita a fermarmi. Il cuore mi scoppia nel petto pompando il sangue che, come un tamburo, mi martella nelle orecchie. Mi sento completamente inerme e ancor più bruciante è la consapevolezza di essermi fatto cogliere così di sorpresa. E io che mi credevo uno furbo!
Lentamente la stretta intorno alla mia bocca si allenta, ma sento ancora il morso del freddo acciaio. Una voce gracchiante, come artigli su pietra, mi apostrofa:

-Perché continui a seguirmi, ragazzino?

Mi spinge in avanti e, per quanto libero dalla minaccia del pugnale, continua a tenermi sott'occhio. Il mio stupore raggiunge il suo apice quando guardo il mio assalitore, l'uomo con il turbante, la mia preda. Ora mi domando chi fosse la preda e chi il cacciatore. Si muove in maniera sinuosa e i suoi occhi mi squadrano, studiando ogni mia mossa. Ripete la sua domanda:

-Perché mi segui, Ur?

Mi si gela il sangue nelle vene. Come fa a conoscere il mio nome? Istintivamente faccio un passo indietro.

-Pensavi che nessuno si accorgesse di te? E' dal giorno della Fiera ad Amoq che mi stai dietro, quasi un anno.

Assume una posa più rilassata come se non fossi una minaccia. Ha ragione. E' evidente che non possa essere una minaccia per lui.
Giù in strada un rumore di passi. Uomini armati. Un guizzo passa nei suoi occhi come se stesse soppesando qualcosa. Morirò qui, lo so. Raddrizzo la schiena e mi preparo al suo colpo, conscio del fatto che non posso sfuggirgli.

-No! Non mi arrenderò così. Anche se non ci sarà partita, combatterò fino alla fine. Che abbia un po' da penare!

Le guardie si stanno avvicinando. Improvvisamente mi fa un cenno con la mano, mi invita a seguirlo. Con la sua solita velocità, velocità che mi colpì subito appena lo vidi e che ho potuto apprezzare maggiormente durante la mia Cerca, si volta e si dirige su per la grondaia. Ha movimenti da ragno, mentre io faccio fatica a superare il muro sopra di noi. Cominciamo un lungo percorso per i tetti della città. Dentro e fuori case di sconosciuti, sopra e sotto archi, porte e scale. Un labirinto fatto di tegole, comignoli, pietre e mattoni. In silenzio. Mai una parola, mai un sussurro, solo cenni. Fermati, andiamo, nasconditi, fermati di nuovo. Passiamo più di un'ora in giro fin quando non arriviamo in un piccolo magazzino male illuminato.
Qui mi invita a sedermi su una cassa chiusa e dopo essersi accomodato si ferma a guardarmi. Comincia a parlare e a liberarsi il viso dal turbante bianco. Una voce che non avevo mai sentito. Una voce diversa da quella gracchiante e aspra che mi apostrofava fino ad un'ora fa.

-Bene. Te la sei cavata bene. Non eccellente ma buono. Senza contare che sei riuscito a seguirmi fino a qui da Amoq, superando varie prove che ti avevo messo sulla strada.
So perché mi hai seguito, anche io ero come te. Bada, ti farò questa offerta solo una volta. Vuoi che sia la tua Guida?

Rimango a bocca aperta. E non solo perché la persona che ho seguito per quasi un anno è una donna, bellissima per giunta, ma perché finalmente ero arrivato alla fine del mio viaggio. Ce l'avevo fatta!
Ancora troppo emozionato per parlare vedo che lei, lui...lei sta aspettando una mia risposta. L'unica cosa che riesco a fare è annuire.
Si alza con la sua solita leggerezza e comincia a girarmi intorno.

-Dovrò lavorarci su, sei ancora una pietra grezza ma vedo in te le potenzialità per risplendere.

Mi sento lusingato e un po' impaurito dalle sue attenzioni. Si ferma davanti al mio viso e mi porge una mano.

-Puoi chiamarmi Smeraldo.

Stringo la sua mano coperta dal guanto, deglutendo vistosamente. Lei sorride, un sorriso di scherno che mi fa ancora più arrossire, si volta e, dopo essersi rimessa il turbante, si avvia verso una porta della stanza.

-Ci siamo riposati abbastanza. Seguimi.

Io mi affretto dietro di lei. Sto fantasticando su mille avventure quando una domanda si forma improvvisa nella mia mente:

-Cosa diamine è una Guida?


TO BE CONTINUED...

Sabbia


Il vento spazza la sabbia sputandomi in faccia i granelli sferzanti. In città è giorno di fiera e le strade sono gremite di gente, bestie e merci. Profumi di spezie e cibi cotti sulle grate roventi si alternano alle folate di vento cariche di sabbia.
Mi dirigo alla Piazza del Porto, sede del palco delle aste, dove i ricchi mercanti vendono le loro merci: mandrie intere di pregiato bestiame, navi appena varate, schiavi...
In fondo sono fortunato. Meglio essere un trovatello che uno schiavo. E poi non mi va così male. Con Baker e Sim riusciamo a procurarci quel che ci serve, rubacchiando qua e là, e ogni tanto ci dà una mano la gente del quartiere: un avanzo dal macellaio dell'angolo, un po' di legna dal carbonaio Mert, anche se bagnata, il permesso di dormire nel magazzino dell'armatore. E noi in cambio facciamo loro qualche lavoretto, qualcuno pulito, qualcuno un po' meno. Così va la vita.
Mentre son perso nei miei pensieri mi ritrovo in piazza. Il banditore, un uomo ben pasciuto e dall'abbigliamento sfarzoso, sta mostrando i muscoli di uno schiavo dalla pelle scura e dalla lunga barba. La folla lancia grida di compiacimento rispondendo agli stimoli del banditore che, con maturata esperienza, sa come pilotare il gradimento della gente. Su di un palchetto laterale e in prima fila i possibili acquirenti osservano le merci, facendo di tanto in tanto impercettibili cenni captati unicamente dal banditore.
Osservo meglio la piazza alla ricerca di un obiettivo.
Vicino a palchetto una donna robusta e paffuta sfoggia pesanti gioielli, in netto contrasto con l'abbigliamento quasi inesistente. Bersaglio facile se non fosse per la massiccia guardia del corpo accanto a lei.
Faccio vagare lo sguardo.
Due uomini con pesanti sacchetti legati alla vita si dirigono verso una nave al limite del molo. Le lame al loro fianco e il modo in cui si muovono mi fanno capire che non sono nobili dalle mani lisce, ma soldati abituati alla guerra. Troppo rischioso, scartati.
Velocemente mi infilo in un piccolo bazaar a due piani. Con un cenno saluto Malik, il proprietario, e mi dirigo al piano superiore, arrivando alla finestra che dà sulla piazza. Mi prendo tutto il tempo necessario. La fiera durerà tutta la giornata per concludersi oltre il tramonto quando, sotto la luce delle torce piene di prezioso olio di bandur, le navi salperanno e i mercanti torneranno alle loro case. La giornata comincia a farsi calda, la sabbia comincia a mischiarsi al sudore. Le dame impugnano i loro ventagli tentando di placare l'arsura, invano. Servi seminudi porgono bacili di acqua fresca e panni puliti agli occupanti del palco. Dalla mia posizione vedo tra la folla un fiore nel deserto. Una figura si muove tra la calca come acqua tra le fessure nella roccia. Sembra scivolare senza mai urtare nessuno e senza mai fermarsi. Un turbante bianco le ricopre il volto, nascondendone i lineamenti. Vedo quell'uomo passare accanto ai due militari che avevo puntato precedentemente e vedo svanire le loro sacche senza che loro si accorgano di nulla. Vedo la donna vicino al palco venire alleggerita dal peso dei suoi gioielli senza batter ciglio.
Vedo tutto questo e mi accorgo di essere rimasto a bocca aperta. Senza nemmeno pensarci mi metto a correre per raggiungere quello che senza dubbio è il miglior ladro che abbia mai visto in azione. Quando sono a pochi metri da lui, mi nota. Non saprei dire come, non mi guarda nemmeno, ma so che si è accorto di me. Si dirige verso il limitare della piazza sempre con il suo passo da acqua-tra-le-rocce mentre io mi ritrovo a dovermi fare largo a spintoni. Mi sta distanziando. Più mi affretto e più mi sento bloccato, schiacciato tra i corpi della folla festante. Il caldo e la situazione mi fanno montare la rabbia. Colpisco con un calcio dietro al ginocchio di un vecchietto di fronte a me, facendolo cadere a terra con il sacco che porta in spalla. Saltandolo guadagno un po' di metri tra le imprecazioni del vecchio e di quelli a cui è franato addosso. Vedo sopra la folla il suo turbante bianco. Mi affretto spingendo ancor di più. Una ventata di aria fresca mi fa capire di essere fuori dalla calca. Mi guardo intorno alla ricerca di un suo segno, la sua andatura, il suo copricapo. Niente. L'ho perso. Mentre mi dirigo sconsolato verso il buco che chiamo casa con la testa piena di interrogativi, sento dietro di me la voce di una donna che grida al furto...


TO BE CONTINUED...

giovedì 20 gennaio 2011

La Ricetta del Treno

Un pizzico di sudore di chi è in ritardo
Una manciata di sigarette fumate al finestrino
La puzza dell'imbottitura marcia dei sedili
Un accenno di odore dei freni quasi consumati
Bollire nei pensieri tristi di chi lascia un luogo amato
E nei pensieri felici di chi sa che incontrerà una persona cara
Il tutto lasciato riposare nella noia della routine quotidiana.








Esercizio di Novembre '09 fatto alla Scuola Comics.

Il Mostro

Il mostro ne voleva di più, sempre di più. Tirava le catene per attirarlo sempre più vicino. Non poteva resister, non poteva. Il mostro aveva fame. Allora Kyle si sedette e, smanettando sulla tastiera, lo nutrì. Foto, canzoni, commenti. Ecco di cosa ci cibava. E più Kyle, e quelli come lui, passavano del tempo dentro il mostro, più anelli aggiungevano alle loro catene. Un circolo vizioso dal quale era impossibile uscire. Kyle era consapevole di essere un  succube me, non riusciva, non riusciva a staccarsi. Osservava impotente il mostro attirare a sé altre prede. Come quei pesci che attirano la loro cena con i loro organi luminosi in un mondo fatto di oscurità. E quel che era peggio, era sapere che lo stava usando per conquistarne altri, lasciandoli isolati, lì nel mondo reale. E a loro volta si isolavano quelli che dentro c'erano già. Schiavi. Ecco cosa erano. Fino a quel giorno. Sua madre entrò in camera sua, cosa che non osava più fare da tempo, brandendo la mazza da baseball del padre. Kyle capì troppo tardi cosa volesse fare, e tentò inutilmente di frapporsi. Un colpo violentissimo fece esplodere lo schermo liberandolo dalle catene. 
Urlò.




Esercizio di Novembre '09 fatto alla Scuola di Comics.

Errori&Linguacce

E' morto Michael Jackson, l'inventore del moonwalk. Lui sulla luna ci era sbarcato già. E' morto e per me è stato un trauma, una cosa inaspettata. Mi è venuto a mancare un pilastro del mondo che conoscevo. Un pilastro grande e solido che era lì, come Jordan in difesa. Come, come fu Gassman per i miei nonni. Gassman anche lui simbolo di qualcosa di bello che se ne è andato. Perché ti dava cose che andavano oltre il prezzo del biglietto, cose che ricorderai sempre per quanto piccole possano essere. Infatti lo ricorderò più come padrino mafioso al fianco del figlio che per altri film. Capolavori dicono tutti. Una cosa che solo i grandi ti sanno dare. Come un altro Michael, sempre Jordan. Tutti ricordano i tiri allo scadere, le palle rubate, le schiacciate in volo ma, solo pochi sanno apprezzare la linguaccia di un quarantunenne che sbaglia quella che sarà la sua ultima schiacciata in un All Star Game.Perché a volte gli errori valgono più dei capolavori. Come un a tetta sfuggita nel Superbowl. O una lettera sul mondo impazzito, di chi, a 91 anni dal mondo è stato tradito.




Tratto da un esercizio di Gennaio fatto alla Scuola di Comics.