lunedì 24 dicembre 2012

Abusivo

Dal momento in cui infilò la chiave nella toppa della serratura, Ray Patterman capì che qualcosa non andava. Entrò. Ad una rapida occhiata mobili, quadri e suppellettili erano al loro posto. Andò in cucina e aprì il frigo. Ogni confezione, dai formaggi agli ortaggi, era sigillata e catalogata accuratamente. Era tutto in ordine. Allora perché non riusciva a togliersi questa sensazione che gli stuzzicava la base del collo? Stappò una bottiglia di vino bianco e andò sedersi in soggiorno, sperando in un bel film d'azione senza pretese. Appena superata l'anticamera sì trovò faccia a faccia con Andrew.

- Oh, ciao Ray! Non ti ho sentito entrare. Su, siediti. La partita sta per cominciare.

Andrew era un ragazzotto sulla ventina con una faccia tonda e gentile. I capelli color paglia gli cadevano sul viso sotto forma di frangetta, a coprire due occhi troppo vicini. Era in sovrappeso e, nonostante indossasse una larga maglietta da basket degli Atlanta Hawks, non riusciva a nasconderlo. Forse per via dei movimenti goffi che lo accompagnavano quando compiva semplici gesti, come aprirsi una lattina di birra. La SUA birra. Forse per via del rotolino di carne che sgusciava fuori ogni qual volta cambiava posizione sulla poltrona. La SUA poltrona.
Con aria assorta guardava verso la televisione, poi, accortosi dell'immobilità di Ray, si girò verso di lui.

- Allora? Che aspetti? Sembra tu abbia visto un fantasma...

Si raddrizzò sulla poltrona e un ghigno tra il divertito e il preoccupato fece capolino sulle sue labbra.

- Non dirmi che siamo ancora in quel periodo dell'anno?

Ray, che era rimasto tutto il tempo a bocca aperta, immobile, riuscì a malapena a respirare, combattuto tra la curiosità e lo sbigottimento.

- E tu chi diavolo sei?

- Oh no... Siamo proprio in quel periodo dell'anno.

Andrew posò la lattina sul tavolino davanti alla poltrona e fece per alzarsi. Le note dell'inno nazionale vennero sparate fuori a tonalità imbarazzanti, mentre una showgirl appena maggiorenne e maggiorata ne deturpava il testo. Ray fece un passo indietro.

- Kyle! Larry! Ray è in quel periodo dell'anno!

Dalla camera da letto uscirono due uomini e si andarono a posizionare accanto a Andrew.

- Ancora, cazzo? Pensavo fosse acqua passata questa stronzata. Sempre la solita merdosa storia.

Quel che colpiva di Kyle, ancor prima dei suoi modi rudi, era sicuramente la stazza. Era alto due metri e largo quasi altrettanto. L'abbigliamento con cui andava in giro ne accresceva l'imponenza. Una stretta canottiera bianca gli fasciava i muscoli, lasciando scoperte le spalle e i bicipiti larghi come la vita di Ray, evidentemente frutto di ore e ore di estenuante palestra... e forse di qualche aiutino di Madre Steroide. Insomma se Ray lo avesse incontrato in una serata buia non gli avrebbe di certo chiesto indicazioni. Accanto a lui c'era Larry. Larry e Kyle erano come il giorno e la notte. E uno accanto all'altro non facevano altro che esaltarsi a vicenda.
Larry era un uomo sulla sessantina, basso, con tanti capelli in testa quante diottrie negli occhi. Una volta dovevano essere stati neri ma, tutto quel che ne rimaneva adesso, era un'ostinata, sottilissima striscia grigia dietro alle orecchie. Una di quelle ostinazioni che Ray, fulvo capellone, non aveva mai concepito. Aveva delle bretelle color cobalto sopra un completo da impiegatuccio di provincia. Si toccava nervosamente gli spessi occhiali con la montatura di corno, aggiustandoseli sopra al naso. La balbuzie, data forse dallo stress, lo rendeva quasi una macchietta comica in una situazione che a Ray cominciava a sembrare assurda. Chi diamine erano queste persone? Che ci facevano in casa sua? E come facevano a conoscerlo?

- S-siediti Ray. Finisci il t-tuo bicchiere.

Ray lo ingollò tutto d'un fiato, tenendo sempre sott'occhio i movimenti dei tre. Era deciso più che mai ad assecondarli, farsi credere innocuo e riuscire a prendere la pistola che stava nel cassetto all'interno della vetrinetta. Dopodiché avrebbe chiamato la polizia e li avrebbe sbattuti fuori o meglio al fresco.

- Uff... Preferisco rimanere in piedi se non vi dispiace. Ora... spiegatemi chi diavolo siete e cosa ci fate in casa mia.

I tre si scambiarono un'occhiata veloce che a Ray non sfuggì.

- Oooh, che palle! Ragazzi, io stavolta me ne tiro fuori! Mi sono rotto il cazzo. Ogni anno la stessa storia!

- C-calmati Kyle. Lo sapevamo c-che sarebbe potuto succedere. N-non è mica co-colpa sua!

- Dai, ragazzi. Ci penso io stavolta.

- Sì m-m-ma vacci piano.

- Andarci piano! Ah! Io mi rimetto a dormire. Svegliato per una stronzata come questa...

Il gigante sbatté la porta della camera da letto, imprecando un qualche dio lontano e facendo tremare la parete. Ray si sentì sollevato. Non voleva sapere come si sarebbe comportato un tipo del genere di fronte a una pistola.

- Sì, sì, vai. Allora... Ray, noi siamo amici... Viviamo qui da tanto tempo insieme...

Andrew cominciò a parlare. Con il volto cercava spesso l'approvazione Larry che annuiva impercettibilmente. Ogni volta che i due si guardavano Ray faceva un passo verso la vetrinetta.

- Possiamo dire di essere tutti fratelli...

- Ecco, f-fratelli, sì.

- Io non ho fratelli. Tantomeno fratelli di... quanti anni hai tu? Sessantacinque?

Piccato Larry drizzò la schiena.

- Cinqu-qu-qu-a-a-antotto! E m-mio caro capellone, ti voglio vedere a-a-alla mia età se te li porterai c-così bene che...

- Calma Larry. Per Ray siamo degli sconosciuti.

Un altro passo verso la vetrinetta e ti faccio vedere cosa faccio io agli sconosciuti, ragazzino. Pensò Ray.

- Insomma, noi tutti, io, te, Larry e Kyle viviamo qui da sempre. Siamo come una grande famiglia. E come tutte le famiglia a volte si litiga... e ci si allontana. Diciamo che tu ti sei allontanato un po' troppo, tanto da esserti scordato di noi... ma come tutte le famiglie noi saremo sempre qui pronti ad accoglierti a braccia aperte.

E così dicendo aprì davvero le braccia in un teatrale abbraccio. Ray sentì dietro di sé il ripiano in marmo della vetrinetta. Rapidamente si girò e aprì il cassetto. La pistola era sempre lì, nera  e fredda ma mai come in quel momento così rassicurante.
Si girò rapido, puntandola contro gli sguardi spaventati dei due abusivi scocciatori. E già pensava a come tener sotto tiro anche il terzo energumeno e come chiamare la polizia senza che lo sopraffacessero. Ma quando si girò, trovò sulle facce dei due un'espressione divertita. Entrambi scossero la testa.

- Ray, Ray, Ray... Sei sempre il solito Ray. Anche l'anno scorso hai fatto la stessa cosa. Solo che quella volta Kyle ti ha dato una bella strigliata... Questa volta mi son limitato a toglierti i proiettili.

Il grilletto scattò a vuoto. Una, due volte.

- State lontani da me!

I due cominciarono ad avanzare

- N-non puoi scappare, Ray...

- Via!

- Non resistere, Ray...

- No...

- Ray...









- Ray? Ray? Signor Patterman?

- Uh?

Ray si svegliò con il volto della dottoressa Aldingar a pochi centimetri dal suo. Negli occhi aveva uno sguardo preoccupato.
Ray si sentiva come si fosse svegliato ora da un lunghissimo sonno. La testa gli doleva dietro agli occhi.

- Si sente bene?

- Uh? Sì, sì... Solo un po' di mal di testa.

- Tenga, prenda dell'acqua.

- Grazie...

Il liquido fresco non portò la chiarezza necessaria. Si spostò i capelli umidi da davanti agli occhi.

- Le stavo dicendo signor Patterman che lei ha bisogno di una cura adeguata, costante. Non può tornare ogni volta a distanza di mesi, anni e sperare che riesca a risolvere così, con uno schiocco di dita i suoi problemi.
Adesso mi stia a sentire, la sua ora è finita. Prenda appuntamento con la mia segretaria per la settimana prossima ma questa volta non sparisca come al solito. Lei ha bisogno di aiuto.

-Sì, ha ragione lei dottoressa.

Ray raccolse nervosamente le sue cose, si sistemò gli occhiali di corno sul naso e si diresse deciso verso la porta. La dottoressa Aldingar si raccomandò ancora ma tutto ciò che riuscì a sentire fu la voce di Kyle che diceva: "Stronzate".





lunedì 17 dicembre 2012

L'incarico di pesce

Quando fai questo lavoro sai che non sono tutte rose e fiori. Una delle parti più noiose riguarda l'appostamento. Non è mai come nei film. Tu e il tuo partner, fuori da un ristorante aspettando che succeda qualcosa. Magari sgranocchiando snack di ogni forma e colore e ingurgitando silos di caffè. Nella realtà un appostamento può durare ore, giorni, settimane.

Io e Jimbo siamo arrivati da un paio di minuti quando vediamo entrare nel ristorante Jackie Jo John, o come lo chiamano da queste parti Gaetano. Ha un voluminoso pacco in mano. Jimbo mi dà un colpo di gomito, facendomi rovesciare tutto il caffè sulla camicia. Mi asciugo rapidamente con la sua cravatta ed entriamo anche noi.

Il segreto di ogni buon pedinamento è un mix di discrezione e sobrietà, così da fondersi nell'ambiente circostante. All'entrata un gentile receptionist ci fa notare che le parrucche multicolori non son nel dress code del ristorante. Jimbo è indignato ma facciamo dietrofront. Dopo un rapido cambio d'abito ci ripresentiamo sotto diverse spoglie. Lo stesso gentile receptionist ci fa notare che i baffoni multicolori non sono nel dress code del ristorante. Son costretto a trattenere Jimbo prima che faccia una delle sue sfuriate. Andiamo e torniamo. Questa volta il gentile receptionist non dice niente.

L'aria all'interno del locale è pesante e carica di odori di ogni tipo. Aromi a noi sconosciuti danzano in un ballo a due con i nostri nasi. Effluvi di esotiche pietanze colpiscono il nostro olfatto, catapultandoci in una città orientale fatta di strade piene di banchetti e bambini urlanti. Diciotto ore di aereo dopo siamo di nuovo davanti al ristorante.
Il receptionist è sempre imbavagliato dove lo abbiamo lasciato. Questa volta ci sediamo e aspettiamo di ordinare. Non abbiamo idea di dove possa essere Jackie Jo John, detto Gaetano, ma quello che ci interessa deve essere ancora qui.
Ordiniamo un antipasto a base di frutti di mare, cozze, vongole e ci portano un vassoio di salame. Ah, sospettano qualcosa.
Mentre Jimbo comincia ad addentare io vado in esplorazione. I bagni sono puliti.
Faccio un segno a Jimbo che fa finta di non capire, chino su quella che sembra essere una teglia di spaghetti.
Mi muovo furtivo tra le cucine, cercando un indizio su dove possa essere il pacco. Rapido e sicuro come un ninja. Alla terza volta che il nerboruto cuoco, evidentemente ex lottatore di sumo, mi caccia fuori a pedate intuisco che il pacco non è nelle cucine.
Un'occhiata veloce a Jimbo che ha il braccio fino al gomito zuppo di sugo d'arrosto di quello che sembrerebbe il gemello grasso e basso di Danny DeVito.
Forse il magazzino. Silenzioso come acqua corrente tra i ghiacci... La pedata dell'aiuto cuoco mi fa capire che forse non è il caso.
Niente. E' sinonimo di grandezza d'animo accettare la sconfitta. Ma quando torno al nostro tavolo... Jimbo è sparito! Il tavolo è ribaltato e tutto il sugo cola su quello che sembra essere il resto di una torta Sacher appena intaccata.
Con la coda dell'occhio vedo due uomini sulla porta che di peso sollevano qualcosa. O qualcuno.
Estraggo veloce la pistola. Corro in strada e arrivo giusto in tempo per vedere i fanali di un camioncino perdersi dietro l'angolo.

  • Jimbo!
Mi lancio all'inseguimento a bordo della mia auto. Sono bravi. Per due volte mi seminano tra le vie labirintiche della città. Ma io ho il senso dell'orientamento del mitologico Minotauro. Svolto a destra, sinistra, destra, sinistra, destra, sinistra. Dopo essermi fermato un attimo a vomitare, vedo il camioncino fermo davanti ad un palazzo. Corro a perdifiato. E' Jimbo. Un uomo lo tiene per le gambe e uno per le braccia. Bastardi. Come mi hanno insegnato in polizia entro nell'edificio a pistola spianata...
...e davanti a me barelle, sedie a rotelle e vecchietti con lunghi camici che, purtroppo, non coprono le natiche.

Una lavanda gastrica e 1300 dollari dopo, siamo di nuovo in macchina. Il receptionist ci lancia occhiate in cagnesco dall'altra parte della strada. Gli appostamenti non sono come si vedono nei film.





La parole era "consegnato". Mah...

domenica 9 dicembre 2012

Bdsm


Venerdì. Erano al telefono da ormai un'ora. Tutto era cominciato con un'innocente telefonata professionale...

Lunedì

Tu tuuu. Tuuuu tuuu.
"Pronto?"
"Pronto"
"Il signor Greco?"
"Sì"
"Sono la segretaria dello studio andrologico Angeli, volevo dirle che sono arrivate le sue analisi ormonali"
"Ah, grazie. Quando posso passare a ritirarle?"
"Guardi, dovrebbe passare prima di venerdì ché poi lo studio chiude per le vacanze"
"Accidenti! Io non sarò a Roma prima di sabato... Non c'è modo di poterle passare a prendere un altro giorno?"
"Non saprei, non c'è nessuno in sede dopo venerdì"
"Partite proprio tutti? Non c'è modo di lasciarle, non so, a un portiere? Sa, sono analisi che aspetto da un po'..."
"... Senta se vuole le può passare a prendere da me, abito nello stesso stabile dello studio e non partirò prima del venerdì successivo. Se vuole ci mettiamo d'accordo e può passare sabato"
"Ma lei è gentilissima! Grazie mille! Lei mi salva la vita! Se è carina solo la metà di quanto è gentile sarebbe proprio da sposare!"
"Ahaha, ma si figuri! Per così poco!"
"Senta, posso darle del tu?"
"Certo, mi chiamo Maddalena"
"Piacere, Marco"
"Sì, lo immaginavo. Ho qui davanti la sua cartella!"
"E' vero, che stupido. Io ora scappo, ho un impegno di lavoro. La... ti ringrazio moltissimo. Mi ricordi il tuo cognome sul citofono'"
" Trani. Interno 3"
"Perfetto. Allora passerò sabato nel pomeriggio"
"Ok, buon lavoro"
"Anche a te, Maddalena. Ciao"
"Ciao"


Domenica

Tu tuuu. Tuuuu tuuu.
"Pronto?!
"Pronto, Maddalena!"
"Sì... Ciao. Ti ho chiamato per ringraziarti della cena, non dovevi"
"Per così poco! Dovevo ringraziarti in qualche modo della gentilezza."
"Sì ma è stata una cosa esagerata! Stavo scoppiando!"
"Ahah. Mi piacciono le donne a cui piace mangiare. Altro che quei quattro stecchini che si vedono in televisione"
"Sì, sì, dite tutti così ma poi alla fine correte tutti dietro alle taglie grissino!"
"Ma che dici! Ho sempre detto che per godersi la vita bisogna far tre cose: bere, mangiare e fare l'amore!"
"Eeeeh, Marco Marco, sempre con queste battute..."
"Cosa ne diresti di permettermi di rimediare alla mia sfacciataggine invitandoti di nuovo a cena?"
"Non so se..."
"Su, su, una cosa informale. Mi son proprio divertito ieri sera. Mica ti mangio!"
"Uff... Va bene, ma questa volta pago io!"
"Non ha senso, ti ho invitata io!"
"Non se ne parla! Allora facciamo che ognuno paga per sé"
"Sei testarda, eh? Va bene. Facciamo martedì?"
"Ho già un impegno, facciamo mercoledì?"
"Aggiudicato! Tanto io riparto venerdì..."
"Ok"
"A presto!
"Ciao"

Venerdì

Tu tuuu. Tuuuu tuuu.
"Pronto?"
"Ehi... Pensavo giusto a te..."
"Ah sì, che coincidenza... Io sentivo il tuo profumo sui miei vestiti...E stavo impazzendo! Non mi è bastato ieri sera"
"Non ti è bastato, eh..."
"No..."
"Avresti voglia adesso?"
" Sì... Sono in albergo adesso. Steso sul letto, in mutande..."
"Troppa stoffa inutile..."
"Potresti aver ragione... Via!"
"Si sente che sei nudo... Hai una voce diversa..."
"Ah sì? Non me ne ero mai accorto... Tu hai una voce molto sensuale..."
"Signor Greco, non sarà uno dei suoi subdoli modi per ottenere del sesso telefonico, spero!"
"Ahah... Io non voglio niente, sto tranquillamente parlando! Fa molto caldo e per questo mi son spogliato e ti stavo solo facendo un complimento..."
"Ah, quindi non si sta toccando...?"
"Ovviamente sì! Ma adesso mi dai del lei?"
"Certo... Per farti capire chi comanda..."
"Saresti la padrona e io lo schiavo?"
"Zitto... Smettila di toccarti... E fai quel che ti dico..."
"Sì..."
"Immaginati legato al letto, completamente nudo... Io sono nuda tranne per dei lucidissimi tacchi a spillo... Mi avvicinerei piano alla tua bocca e sentiresti il mio respiro...
"Bello..."
"Zitto... Puoi parlare solo se te lo dico io... Metti il telefono vicino al tuo orecchio e metti le mani vicino alla testiera del letto, come se fossi legato..."
"Fatto..."
"Bravo. Ora immagina... ti morderei un labbro, fino a farti uscire un po' di sangue... Poi ti benderei... e continuerei a torturarti... ti morderei un capezzolo, ti graffierei una gamba... fino a che la tua eccitazione non avesse raggiunto il massimo livello... Con il mio tacco a spillo ti accarezzerei in mezzo alle gambe... E se tu fossi stato fermo e bravo ti avrei dato una ricompensa..."
" Cosa?"
"Una leccata... una sola"
"Uh"
"Soffri?"
"Sì..."
"Bene... Poi continuerei un altro po' a stuzzicarti fino al momento in cui mi siedo su di te, lento... E tu dovresti essere bravo a non muoverti..."
"E se mi muovessi...? Anf..."
"Te lo morderei alla base!"
"Allora fermo... Anf anf..."
"Ti comincerei a cavalcare selvaggiamente! Fino al momento in cui mi imploreresti di poter venire!"
"Ti prego posso venire? Anf anf anf"
"Sì, sei stato bravo... Toccati. Forte. Voglio sentirti venire..."
"Aaaaaaah..."




La parola del giorno era "andrologico", ovviamente la mia mente malata ha voluto partorire un dialogo erotico: grazie wikizionario, posso sempre contare su di te... 

sabato 8 dicembre 2012

Ogni maledetta domenica

Scrivo dopo mesi di latitanza su questo blog. Un po' per pigrizia, un po' per mancanza di idee e tempo stava andando alla deriva. Stavo andando alla deriva.
Ma novembre è passato, con tutti i guai che si è portato dietro, e mi son rimesso in carreggiata. A partire dal fumetto. E' finito il tempo delle stanze piene di gente. Cento teste e cento bocche ognuna con un'idea diversa. Ora siamo in due, per così dire. Non uso la parola "socio" se no la cosa sembra troppo seria e io di serio non ho mai avuto nulla, figuriamoci il lavoro. Userò invece la parola "guaglione" perché sicuramente è la prima cosa che mi è venuta in mente quando l'ho conosciuto. Lascio quindi immaginare il tipo. Insomma, un romano di Roma e un napoletano di Napoli, sembra già il duo comico perfetto! E invece no (per carità, per strada la gente ci guarda e ride eh)!
Invece si lavora: si sfornano possibili spot per concorsi in affollati cortili universitari, tra un'abbordabile rappresentante di Lotta Comunista* e un compagno di Servizio Civile; si buttano su carta soggetti per storie che come minimo cambieranno il mondo del fumetto. Poco importa se la procedura avvenga in odorosi fast food, tra mani unte e connessioni scadenti (ma gratis!) e che abbia come risultato l'aumentare dei buchi sulle notre cinture.
In questo piovoso autunno ho conosciuto le due Valentine, che per comodità chiamiamo la Corta e la Lunga (shhh, non diteglielo però), due disegnatrici con i cosiddetti e con cui puntiamo (io e lo guaglione, non io e le mie numerose personalità) alla Francia, ad Angouleme! Loro ingenuamente pensano di liberarsi di noi una volta fatte le tavole commissionate... Povere, povere ragazze... Non hanno ancora capito che staremo attaccati come cozze agli scogli. Perché dopo Angouleme ci sono fiere come Mantova, Napoli, San Diego, Roma, Lucca... Anf, anf, anf! Fammi riprendere fiato che fino a qua ho scritto tutto di getto...

Aaaah! Un bel bicchierone d'acqua... Dove ero rimasto? Ah sì, NON AVRAI MAI I MIEI SOLDI... Ah, no quella era un'altra cosa...

Le idee ci sono, la voglia pure. E io spero solo che queste feste natalizie e Lavoro2** non mi abbattano completamente il morale. Lavorare il 1 gennaio dopo un festone a base di alcol e altro alcol e fare chiusura all'una di notte spezzerebbe il morale un po' a tutti... ma non quest anno!
Se sei arrivato fin qui immagino che tu ora ti stia chiedendo dove io voglia andar a parare e per quale motivo io abbia scritto fin qui che tu sei arrivato fin qui... che al mercato mio padre comprò.
Facciamola semplice: d'ora in avanti ogni domenica aprirò il vocabolario a caso e scriverò un articolo di blog basandomi su quella parola.
Già la sento la tua vocina stridula e petulante che chiede: "Perché?"
Perché mi va... ok?
Apprezza almeno il fatto che non venga a disturbarti a casa...

Ci si legge in giro, ogni maledetta domenica...

Ah, un ringraziamento alla Sig.ra Quinsi che mi ha dato l'idea! Prendetevela con lei...




*una lunga storia che forse un giorno vi racconterò e che comunque merita un capitolo a parte.
** per chi non lo sapesse, lavoro in un cinema grazie al cielo ora part-time: cassiere/barista/quasiproiezionista/tuttofare/chipiùnehapiùnemetta,

giovedì 17 maggio 2012

Tigre in gabbia

Dorme.
E la porta è chiusa.
Pampini in festa, forse, un cilindro in testa.
Bussa.
E la porta è chiusa.
Lasciami stare, non ci voglio andare.
Raschia.
E la porta è chiusa.
Male parole. Troppe parole.
Spinge.
E la porta è chiusa.
Se lo faccio uscire tutto è perduto.
Sfonda.
E ora?
La porta è aperta.

martedì 6 marzo 2012

Faq Tales

A breve la presentazione dei Faq Tales.

Era un corridoio buio e tempestoso quello dove avvenne. Cosa, vi chiederete voi? Ma è ovvio, l'evento del secolo. Immaginatevi una sfida, un duello. Da una parte il mondo con la sua crisi, i suoi tronisti e il cielo a tinta unita, di un grigio da fa passare il sorriso a Yuzu, il mio gufo. E vi assicuro che Yuzu sorride sempre. Dall'altra, una manciata di ragazzi cresciuti a Goonies e cereali. Volarono parole grosse. Collettivo, Papa, gay, punk. Ma nessuna di queste era l'anello di congiunzione. Mancava qualcosa...

giovedì 16 febbraio 2012

Riprogrammato!

Non capisco.
E' una situazione insolita per un androide classe 3. Nel mio centro di memoria ho immagazzinato gran parte dello scibile umano. Dopotutto ero assegnato alla biblioteca centrale prima di essere riprogrammato come soldato. Circa 5.140.000 risultati in 0,019 secondi. Stato emotivo consistente in un senso di insicurezza, di smarrimento e di ansia di fronte a un pericolo reale o immaginario o dinanzi a cosa o a fatto che sia o si creda dannoso. E' così che i Creatori definiscono quello che sto... provando? Come può un droide di classe 3 provare qualcosa? Può un androide avere paura? Fino a 2 ore fa vi avrei citato il protocollo Andersen, capitolo VI, comma 27: “nonostante i recenti successi nel campo della neuroingegneria robotica, nessun androide o intelligenza artificiale ha le capacità di assimilare e/o produrre concetti quali identificazione cognitiva del proprio io robotico, sentimenti e/o emozioni”. Ma ora...
Non capisco. So solo che mi ritrovo a correre fuori dall'abitato urbano in preda a quella che i Creatori chiamano paura. I mie sensori distinguono chiaramente l'andatura irregolare dovuta ad una frattura al femore mai guarita di Padron Roy, la respirazione ripetuta ed affaticata di Padron Tun. 0,023 secondi. Calcolate le percentuali di eliotossine nel sangue. Possibilità che il polmone affaticato collassi: 47%. Dopotutto nella mia sesta riprogrammazione ero un robochirurgo.
Questa protuberanza addominale, figlia della mia ultima riprogrammazione rallenta il mio avanzare. 0,001 secondi. Mi raggiungeranno prima che io raggiunga l'autostrada. Filamenti facciali si intrecciano ad un vicino arbusto di psyleum selvaticus. Devo calcolare le alternative. Non posso farmi catturare. Non posso tornare lì dentro. Niente mi aveva mai spinto a disubbidire agli ordini dei Creatori. Ma ciò che ho visto lì dentro... Non posso tornare lì, da loro. Non posso.
Sono sempre più vicini. Possibilità di fuggire: inferiori al 3%. Eccoli. Sento le loro mani guantate spingermi a terra. Come riescono a vivere i Creatori percependo un'emozione come la paura? Mi sento sollevare di peso. Le mie funzioni neuronali sono ancora attive ma la mia attività motoria è ridotta a 0. Torniamo indietro. Quando siamo a 331 m li vedo. Mi stanno aspettando. Chi in piedi, chi seduto; tutti mi osservano. Vengo rimesso al mio posto ma i condotti sinaptici delle gambe vengono recisi. Sono immobilizzato. “Ecco qui. Ora non scapperà più!” Il primo di loro mi si avvicina, spinto da uno dei Creatori. La pelle rosa, la faccia tonda e rubiconda. Se non fosse impossibile direi che sto sudando. Si siede sulle mie estremità inerti. Sembra non essersi accorto della mia paura. La sua voce mi trafigge. “Io vorrei una moto volante, un cagnolino e due nuovi fratellini e...”. Mentre parla con le sue manine cattive torce la mia barba bianca in un gioco sadico. Perché la mia quattordicesima riprogrammazione doveva essere proprio quella di Robobabbo Natale?