lunedì 24 dicembre 2012

Abusivo

Dal momento in cui infilò la chiave nella toppa della serratura, Ray Patterman capì che qualcosa non andava. Entrò. Ad una rapida occhiata mobili, quadri e suppellettili erano al loro posto. Andò in cucina e aprì il frigo. Ogni confezione, dai formaggi agli ortaggi, era sigillata e catalogata accuratamente. Era tutto in ordine. Allora perché non riusciva a togliersi questa sensazione che gli stuzzicava la base del collo? Stappò una bottiglia di vino bianco e andò sedersi in soggiorno, sperando in un bel film d'azione senza pretese. Appena superata l'anticamera sì trovò faccia a faccia con Andrew.

- Oh, ciao Ray! Non ti ho sentito entrare. Su, siediti. La partita sta per cominciare.

Andrew era un ragazzotto sulla ventina con una faccia tonda e gentile. I capelli color paglia gli cadevano sul viso sotto forma di frangetta, a coprire due occhi troppo vicini. Era in sovrappeso e, nonostante indossasse una larga maglietta da basket degli Atlanta Hawks, non riusciva a nasconderlo. Forse per via dei movimenti goffi che lo accompagnavano quando compiva semplici gesti, come aprirsi una lattina di birra. La SUA birra. Forse per via del rotolino di carne che sgusciava fuori ogni qual volta cambiava posizione sulla poltrona. La SUA poltrona.
Con aria assorta guardava verso la televisione, poi, accortosi dell'immobilità di Ray, si girò verso di lui.

- Allora? Che aspetti? Sembra tu abbia visto un fantasma...

Si raddrizzò sulla poltrona e un ghigno tra il divertito e il preoccupato fece capolino sulle sue labbra.

- Non dirmi che siamo ancora in quel periodo dell'anno?

Ray, che era rimasto tutto il tempo a bocca aperta, immobile, riuscì a malapena a respirare, combattuto tra la curiosità e lo sbigottimento.

- E tu chi diavolo sei?

- Oh no... Siamo proprio in quel periodo dell'anno.

Andrew posò la lattina sul tavolino davanti alla poltrona e fece per alzarsi. Le note dell'inno nazionale vennero sparate fuori a tonalità imbarazzanti, mentre una showgirl appena maggiorenne e maggiorata ne deturpava il testo. Ray fece un passo indietro.

- Kyle! Larry! Ray è in quel periodo dell'anno!

Dalla camera da letto uscirono due uomini e si andarono a posizionare accanto a Andrew.

- Ancora, cazzo? Pensavo fosse acqua passata questa stronzata. Sempre la solita merdosa storia.

Quel che colpiva di Kyle, ancor prima dei suoi modi rudi, era sicuramente la stazza. Era alto due metri e largo quasi altrettanto. L'abbigliamento con cui andava in giro ne accresceva l'imponenza. Una stretta canottiera bianca gli fasciava i muscoli, lasciando scoperte le spalle e i bicipiti larghi come la vita di Ray, evidentemente frutto di ore e ore di estenuante palestra... e forse di qualche aiutino di Madre Steroide. Insomma se Ray lo avesse incontrato in una serata buia non gli avrebbe di certo chiesto indicazioni. Accanto a lui c'era Larry. Larry e Kyle erano come il giorno e la notte. E uno accanto all'altro non facevano altro che esaltarsi a vicenda.
Larry era un uomo sulla sessantina, basso, con tanti capelli in testa quante diottrie negli occhi. Una volta dovevano essere stati neri ma, tutto quel che ne rimaneva adesso, era un'ostinata, sottilissima striscia grigia dietro alle orecchie. Una di quelle ostinazioni che Ray, fulvo capellone, non aveva mai concepito. Aveva delle bretelle color cobalto sopra un completo da impiegatuccio di provincia. Si toccava nervosamente gli spessi occhiali con la montatura di corno, aggiustandoseli sopra al naso. La balbuzie, data forse dallo stress, lo rendeva quasi una macchietta comica in una situazione che a Ray cominciava a sembrare assurda. Chi diamine erano queste persone? Che ci facevano in casa sua? E come facevano a conoscerlo?

- S-siediti Ray. Finisci il t-tuo bicchiere.

Ray lo ingollò tutto d'un fiato, tenendo sempre sott'occhio i movimenti dei tre. Era deciso più che mai ad assecondarli, farsi credere innocuo e riuscire a prendere la pistola che stava nel cassetto all'interno della vetrinetta. Dopodiché avrebbe chiamato la polizia e li avrebbe sbattuti fuori o meglio al fresco.

- Uff... Preferisco rimanere in piedi se non vi dispiace. Ora... spiegatemi chi diavolo siete e cosa ci fate in casa mia.

I tre si scambiarono un'occhiata veloce che a Ray non sfuggì.

- Oooh, che palle! Ragazzi, io stavolta me ne tiro fuori! Mi sono rotto il cazzo. Ogni anno la stessa storia!

- C-calmati Kyle. Lo sapevamo c-che sarebbe potuto succedere. N-non è mica co-colpa sua!

- Dai, ragazzi. Ci penso io stavolta.

- Sì m-m-ma vacci piano.

- Andarci piano! Ah! Io mi rimetto a dormire. Svegliato per una stronzata come questa...

Il gigante sbatté la porta della camera da letto, imprecando un qualche dio lontano e facendo tremare la parete. Ray si sentì sollevato. Non voleva sapere come si sarebbe comportato un tipo del genere di fronte a una pistola.

- Sì, sì, vai. Allora... Ray, noi siamo amici... Viviamo qui da tanto tempo insieme...

Andrew cominciò a parlare. Con il volto cercava spesso l'approvazione Larry che annuiva impercettibilmente. Ogni volta che i due si guardavano Ray faceva un passo verso la vetrinetta.

- Possiamo dire di essere tutti fratelli...

- Ecco, f-fratelli, sì.

- Io non ho fratelli. Tantomeno fratelli di... quanti anni hai tu? Sessantacinque?

Piccato Larry drizzò la schiena.

- Cinqu-qu-qu-a-a-antotto! E m-mio caro capellone, ti voglio vedere a-a-alla mia età se te li porterai c-così bene che...

- Calma Larry. Per Ray siamo degli sconosciuti.

Un altro passo verso la vetrinetta e ti faccio vedere cosa faccio io agli sconosciuti, ragazzino. Pensò Ray.

- Insomma, noi tutti, io, te, Larry e Kyle viviamo qui da sempre. Siamo come una grande famiglia. E come tutte le famiglia a volte si litiga... e ci si allontana. Diciamo che tu ti sei allontanato un po' troppo, tanto da esserti scordato di noi... ma come tutte le famiglie noi saremo sempre qui pronti ad accoglierti a braccia aperte.

E così dicendo aprì davvero le braccia in un teatrale abbraccio. Ray sentì dietro di sé il ripiano in marmo della vetrinetta. Rapidamente si girò e aprì il cassetto. La pistola era sempre lì, nera  e fredda ma mai come in quel momento così rassicurante.
Si girò rapido, puntandola contro gli sguardi spaventati dei due abusivi scocciatori. E già pensava a come tener sotto tiro anche il terzo energumeno e come chiamare la polizia senza che lo sopraffacessero. Ma quando si girò, trovò sulle facce dei due un'espressione divertita. Entrambi scossero la testa.

- Ray, Ray, Ray... Sei sempre il solito Ray. Anche l'anno scorso hai fatto la stessa cosa. Solo che quella volta Kyle ti ha dato una bella strigliata... Questa volta mi son limitato a toglierti i proiettili.

Il grilletto scattò a vuoto. Una, due volte.

- State lontani da me!

I due cominciarono ad avanzare

- N-non puoi scappare, Ray...

- Via!

- Non resistere, Ray...

- No...

- Ray...









- Ray? Ray? Signor Patterman?

- Uh?

Ray si svegliò con il volto della dottoressa Aldingar a pochi centimetri dal suo. Negli occhi aveva uno sguardo preoccupato.
Ray si sentiva come si fosse svegliato ora da un lunghissimo sonno. La testa gli doleva dietro agli occhi.

- Si sente bene?

- Uh? Sì, sì... Solo un po' di mal di testa.

- Tenga, prenda dell'acqua.

- Grazie...

Il liquido fresco non portò la chiarezza necessaria. Si spostò i capelli umidi da davanti agli occhi.

- Le stavo dicendo signor Patterman che lei ha bisogno di una cura adeguata, costante. Non può tornare ogni volta a distanza di mesi, anni e sperare che riesca a risolvere così, con uno schiocco di dita i suoi problemi.
Adesso mi stia a sentire, la sua ora è finita. Prenda appuntamento con la mia segretaria per la settimana prossima ma questa volta non sparisca come al solito. Lei ha bisogno di aiuto.

-Sì, ha ragione lei dottoressa.

Ray raccolse nervosamente le sue cose, si sistemò gli occhiali di corno sul naso e si diresse deciso verso la porta. La dottoressa Aldingar si raccomandò ancora ma tutto ciò che riuscì a sentire fu la voce di Kyle che diceva: "Stronzate".





Nessun commento:

Posta un commento