mercoledì 27 marzo 2013

Io bevo un White Russian


"... e per me un Cuba Laibre."


Mi si annebbia la vista, i rumori del locale si fanno lontani. Sono in un posto per fighetti, lo ammetto, ma vi giuro che non è stata colpa mia. Io nemmeno ci volevo venire, ma sapete bene cosa tira più di un carro di buoi. Dopo l'ordine della tizia, la quale sopperisce alla pronuncia con una sicurezza degna di un vigile urbano in mutande in mezzo alla tangenziale, cerco di nascondermi dietro al fungo riscaldante, sperando nessuno abbia sentito. Il cameriere sogghigna dietro il suo baffetto anni '20 ma è bravo a dissimularlo. Perché sì, non sarebbe un vero posto da fighetti se non ti desse la possibilità di stare seduti al tavolo fuori. A dicembre. Con - 15 gradi percepiti. I tavoli più fortunati si stringono intorno a quell'unica fonte di calore come barboni su un cassonetto in fiamme mentre gli altri, stoici, fanno finta di niente come quando dal tabaccaio quello in fila davanti a te vince 500 € al gratta e vinci. Oggi sono fortunato. Mi guardo in giro e son quasi sicuro che la broncopolmonite si porterà via la metà dei ragazzotti-fighetti con i giacconi aperti solo per mostrare quanto la maglietta sia aderente ai loro pettorali (adesso me la rido ma poi vediamo in spiaggia ad agosto). La serata scorre tranquilla: tra un attacco di orsi polari e un cocktail pieno di ghiaccio (che forse si è creato mentre lo portavano al tavolo) riesco a farmi anche un paio di risate. Incredibilmente CON lei e non DI lei. Incredibilmente. 
Credo che nel suo Cuba Libre ci siano sì e no tre millilitri di alcol, ma quando ci alziamo per andare via già vedo nelle sue pupille il Demone della Sbronza che mi fa l'occhiolino. 

O vecchio amico, abbiamo passato belle serate insieme. Lunghi discorsi riverso su un'aiuola cercando di espellere, con il tuo aiuto, anche i polmoni. Passeggiate in bilico su cornicioni nel tentativo di farmi passare le vertigini. Serate finite tutte allo stesso modo: Michele (membro della tribù dei Testagrossa) che mi riaccompagna a casa a braccia e un colorito tipico di Slimer, il fantasma dei Ghostbusters.

Ma il Demone è subdolo, lo so. Il Demone ha fame. Lei dice: "andiamo a farci uno shot!". La voce è la sua ma le parole son sussurrate all'orecchio da lui. Spero che la passeggiata la faccia rinsavire ma la temperatura polare ci fa rifugiare in un baretto poco lontano. Almeno è un posto normale, nessun fighetto in giro. Il barista, uscito dai migliori film anni '80 del cinema italiano, ha l'aspetto di Bombolo, il naso di Pippo Franco, macchie di alcol su tutta la maglietta e la voce... la voce forse è l'unica cosa normale che ha. Siamo capitati a fagiolo, è la serata shot a 1 €. Quando gli chiediamo due shot capisco perché questo posto è fighetto-free: il fighetto è lui. Mentre shakera sembra improvvisare una danza con le maracas ma alla fin fine io non sono Bond, non ho tante pretese e mi bevo quello che mi danno come me lo danno.
Lei ingolla bicchierini su bicchierini facendo facce ammiccanti. Uno, due, tre, quattro, cinque shot. A dire il vero non son molto forti ma sembrano fare il loro sporco lavoro. Pago e ci allontaniamo. Direzione: un qualsiasi angolo buio.
Non mi guardate così. Non fate i falsi moralisti. Di certo non l'ho invitata fuori per sentirla parlare di... niente, di certo non l'ho invitata fuori per sentirla parlare! 

Beh, non vi sto a dare ulteriori dettagli. Si è fatto quel che si doveva fare: io le tenevo i capelli mentre lei subiva le lusinghe del buon vecchio Demone. A conti fatti avrò speso 50 €, 2 ore e svariati chilometri per ritrovarmi in un vicolo a ributtar alcol e pasta asciutta. La storia della mia vita.

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