mercoledì 24 aprile 2013

Corvino Parte II



Lo scudo riflette gli ultimi raggi ramati del giorno. Mani lorde di sangue stringono con ferocia il bordo affilato sopra le spalle. Mattoni, sabbia e colonne. Muscoli, sangue e ossa. L'intera Arena sembra trattenere il fiato. In questo momento gli occhi degli Dei e degli uomini sono su di me. Adrenalina lungo i polsi, le braccia, la schiena. Sangue chiama sangue. L'arco mortale e poi il colpo. Il bronzo si piega sotto la forza dell'urto. Un suono limpido e metallico e l'uomo che chiamano Ebano giace a terra. Il collo piegato in una posa innaturale, come un ramo secco colpito dal fulmine. Lupi ululanti, gridano alla Luna la follia del gesto. La folla è in delirio. La Madre non ha reclamato la mia anima nemmeno questa volta. Scavalco il cadavere del mio avversario, ma non del mio nemico, mentre lacrime bollenti scorrono fino a terra.

"Arena, accetta il mio dono. Guida la mia lama. Sostieni il mio scudo. Rendi la mia anima immortale e da te, madre, ritornerò. Sangue chiama sangue."

Preghiere nel vento. Sollevo lo scudo ammaccato sopra la mia testa. Un gesto di sfida agli uomini sui palanchini, uomini ammantati di stoffe e dalle caraffe piene di liquido speziato. Agnelli ciechi travestiti da lupi vedono nel mio gesto solo un atto di sottomissione. Ma io in questo momento non sono sottomesso. In questo momento sono Figlio e Marito della Dea Arena, e nessuno, in cielo, in terra o nei mari è più in alto di me. Il sudore penetra nelle ferite ai fianchi lanciando fitte fino ai talloni. Solo ora mi accorgo di avere un pugnale conficcato nella coscia. Cedono le gambe, la notte stende un velo davanti ai miei occhi.

"Madre, sto tornando da te?"

"No, figlio mio."

"Son infine libero?"

"La libertà va conquistata"

"Sono tanto stanco..."

"Lo so, figlio mio. Ma non è ancora giunto il momento di riposarsi."

"Sono troppo stanco..."

 "Presto. Ma non ora. Ora va' e rendimi fiera."

La luce di una candela tremolante. Un occhio è troppo pesante. Mattoni rossi. Rumore di acqua e sangue. Una pezza bagnata sulla fronte e un limone in bocca. Il mio corpo è scosso da spasmi. Qualcosa mi tiene bloccato su un tavolo d'assi. Cinghie.

"Hai la febbre altissima" 
Uomo...

"Le ferite sono molte ma non così gravi. Credo l'ultimo coltello fosse avvelenato"
Chirurgo...
"Corvino... Se muori qui la mia anima avvelenerà la tua coppa al banchetto degli Inferi!"
Galeno!

Tizzone ardente, la gamba pulsa. Il medicus la stecca rapidamente. Il piano non può subire ritardi. Mi alzo. La stanza ruota. Sangue e bile risalgono in gola. Non c'è tempo. Galeno diventa il bastone della mia vecchiaia. Ah, crudele ironia. Vecchie ossa e una mente affilata ma nessuna possibilità di fuggire. Il carro ci aspetta. Facce buie, drappi neri, umore ancor più scuro.

"Ti porteranno al porto. Una volta lì dovrai andare al Tempio. Loro sapranno cosa fare."

Una pacca sulla spalla. L'ultimo congedo. Mi dona un sacchetto. Erbe per il dolore. Guardo per un'ultima volta il vecchio. I suoi capelli luccicano nivei sotto la luce della luna. Troppe volte mi ha donato la vita. Mentre il carro si avvia sulla strada deserta, prima che la città si risvegli, porto una mano al petto verso il vecchio. Alza debolmente una mano poi solo un cappuccio nero tra le mura granitiche e immortali.

"Addio, padre"

Scivolo nel buio del dolore e delle erbe, con una spada nella mano.




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